Il cibo non soddisfa semplicemente un bisogno fisiologico, ma è anche impregnato di significati culturali, sociali e psicologici. In ogni parte del mondo è collegato al riunirsi in famiglia, al fare amicizia, far festa, incontrarsi e al dedicare attenzione agli altri.
Oltre alla sua funzione primaria di nutrimento, il cibo può fornire anche una potente distrazione. È un modo per affermare la propria indipendenza e una fonte di gratificazione e/o consolazione.
Tutti questi significati lo collegano alle nostre emozioni. Questo legame può diventare estremamente complicato e, talvolta, disfunzionale.
Inoltre, anche la pressione culturale a cui siamo sottoposti giorno dopo giorno può incrementare una relazione disfunzionale con il cibo. L’insoddisfazione corporea, infatti, è uno dei fattori di rischio che viene amplificata dall’interiorizzazione di tutti quegli standard di bellezza irrealistici con cui internet e social finiscono con il bombardarci.
Ad influire sulla relazione con il cibo concorre anche la nostra storia di attaccamento. I primissimi legami con le altre persone inevitabilmente influenzano il nostro modo di percepire e gestire le relazioni interpersonali, e le caratteristiche personali di ognuno di noi.
La preoccupazione eccessiva per il peso e la forma fisica, un possibile deficit di autostima che porta a sovrastimare la propria apparenza corporea, un deficit di autoconsapevolezza, il perfezionismo, l’impulsività sono altri fattori di rischio. E, ancora, il pensiero tutto o nulla, cioè quella tendenza a estremizzare in modo ripetuto e ad oscillare nel giudizio di sé stesso, degli altri e dell’ambiente.
Come affrontare le difficoltà con il cibo?
Innanzitutto, bisogna accettare di avere una difficoltà. Chiedere aiuto può essere il fondamentale passo successivo.
Cerca di rallentare, resta in ascolto di te e del proprio corpo. E prenditene cura, anche con la terapia.