“Questa volta sarà diverso, ne sono sicuro”.
Quante volte ti sei ripetuto questa frase? Magari l’hai pensata proprio davanti a quella persona che sarebbe diventata, di lì a poco, il tuo nuovo partner. Magari l’hai sentita pronunciare per l’ennesima volta da quell’amico che si fidanza sempre con lo stesso tipo di persona possessiva e ego-centrata. Lo vedi andare incontro ad un’altra relazione come le altre, e sai già come andrà a finire.
La domanda è: sarà veramente diverso? Perché scegliamo proprio quel partner? Perché amiamo qualcuno, piuttosto che qualcun altro?
Il costrutto psicologico dello stile di attaccamento ci aiuta a dare una risposta a queste domande. È il modello sulla base del quale costruiamo le nostre relazioni e comprende informazioni come: cosa mi posso aspettare dall’altro?, che cosa è una relazione affettiva?, come entro in relazione con l’altro?.
La mente umana tende, infatti, a risparmiare risorse cognitive organizzando le informazioni su di sé, sul mondo e sugli altri in schemi. Gli schemi sono insiemi di credenze e convinzioni inconsapevoli che ci guidano nei comportamenti e nel modo in cui interpretiamo situazioni simili a quelle che abbiamo già vissuto.
Sono, quindi, “scorciatoie” che permettono di elaborare le informazioni in maniera più veloce, ma non sempre più efficace. A volte, infatti, accade che gli schemi ci portano a confermare la solita direzione anche quando è disfunzionale, impedendoci di vedere altre possibilità più funzionali.
Come dico spesso ai miei pazienti, leggiamo il mondo con lenti che si sono formate grazie alle nostre esperienze e lo prendiamo come “vero a prescindere”.
Lo stile di attaccamento si struttura nei primi anni di vita con le figure di riferimento primarie (che tendenzialmente sono i genitori).
Impariamo, così, a muoverci nelle relazioni sulla base del legame che abbiamo avuto con le nostre figure di attaccamento, sapendo cosa ci possiamo aspettare dagli altri, com’è fatta una relazione affettiva e come si sta all’interno di una relazione.
Queste informazioni, che sperimentiamo da piccoli, si strutturano nella nostra mente e ci guidano nella scelta dei partner una volta che diventiamo adulti.
Esistono 4 tipologie di stili di attaccamento:
- Lo stile sicuro: il legame che il bambino ha avuto con le figure di attaccamento è stato caratterizzato da fiducia. Il bambino ha imparato che dai genitori può avere cura, protezione, rassicurazione e non ne teme l’abbandono.
Questo porta, da adulto, a costruire un modello stabile e duraturo di relazione, in cui non si teme l’abbandono, si è capaci di dare e ricevere attenzioni e cure. Si è fiduciosi verso l’altro e i conflitti sono gestiti ed affrontati in maniera costruttiva. La fine della relazione è qualcosa da cui, con i propri tempi, ci si riesce a riprendere. - Lo stile ambivalente: è un modello relazionale che si è strutturato con genitori che sono stati ambivalenti nell’accudimento del figlio. Immaginiamo un genitore che oscilla tra l’invadenza e il distacco, che a volte è amorevole e a volte, all’opposto, assente e frustrante. Il bambino, non sapendo cosa aspettarsi, cercherà continuamente la vicinanza della figura di attaccamento. Sarà portato, inoltre, a pensare che i genitori si comportano così perché è lui ad essere sbagliato, sviluppando una bassa autostima.
Le relazioni da adulto saranno ansiose ed insicure, basate su comportamenti controllanti ed imprevedibili (come incolpare o accusare), con il timore di essere abbandonati e l’incapacità di esprimere i propri bisogni. Di fronte alla chiusura di una relazione, il tentativo sarà quello di provare a salvare il rapporto ripetutamente… con scarsi risultati. - Lo stile evitante: è un modello relazionale in cui il bambino ha sperimentato un genitore che rifiuta i propri bisogni. Immaginiamo un genitore che non abbraccia il proprio bambino, non lo coccola e non lo rassicura. Il bambino leggerà questo distacco come un “sono io che non vado bene, non sono amabile, non valgo”. Imparerà ad essere autonomo presto e a non lamentarsi.
Una volta adulto, le relazioni saranno rigide e distanti, spesso caratterizzate da mancanza di fiducia ed inflessibilità. Si tende a rinunciare a esprimere i propri bisogni, sentendosi sempre soli. Nella chiusura di un rapporto l’idea è quella che “tanto” non ci si può fidare e non c’è, quindi, richiesta di aiuto. - Lo stile disorganizzato: in questo caso l’adulto, invece di rassicurare il bambino, ne è la fonte di paura. Il bambino è spaventato e ha di fronte una figura che ha bisogno a sua volta di essere rassicurata. Il legame manca dell’amore incondizionato di cui si necessita quando si è piccoli e, a volte, anche del senso di sicurezza. È il tipo di stile che spesso si struttura in quelle famiglie dove i genitori sono abusanti (anche a livello psicologico). Questo mancato accudimento porta il bambino a credere di non meritare le cure, la sicurezza e l’affetto.
Lo schema relazionale da adulto sarà: “l’altro non è affidabile”, “io non valgo nulla” e quindi “l’altro mi lascerà sicuramente”. La tendenza è quella ad essere eccessivamente dipendente dal proprio partner. Se si chiude una storia, si cerca subito qualcun altro su cui appoggiarsi.
Proviamo adesso a rispondere alla domanda “chi scegliamo e perché lo scegliamo?”.
La riposta è, quindi, che tendiamo ad orientarci sempre verso le stesse persone proprio perché ci siamo costruiti, da piccoli, un’idea di come sono le relazioni.
Ed ecco perché, senza questa consapevolezza, con molta probabilità, la prossima volta non sarà “diverso”. Continueremo ad orientarci verso le stesse persone, seguendo lo stesso schema. E probabilmente proprio verso quelle che non ci hanno dato l’amore di cui avevano bisogno.
Se ti sei ritrovato all’inizio di una nuova relazione a dirti “questa volta sarà diverso”, ma non è mai così… quello che puoi fare è riflettere. Rifletti sui tuoi schemi che, con molta probabilità, inconsciamente ti guidano nella scelta dei partner.
Trovi qualche similitudine tra la relazione con i tuoi genitori e quelle sentimentali?
Com’è il tuo partner? Assente, premuroso? E i tuoi genitori come sono stati con te? Noti qualcosa di simile rispetto alla relazione con i tuoi genitori?
Com’è il tuo modo di stare nella relazione?
Riflettere su questi aspetti può essere il primo passo per cambiare qualcosa. Quando iniziamo ad accorgerci che vorremmo trovare qualcosa di diverso, iniziamo pian piano ad orientarci verso una relazione che ci faccia stare bene. A volte, gli schemi vanno (e soprattutto possono essere) cambiati.