Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha avuto a che fare con l’attacco di panico. C’è chi lo ha sperimentato in prima persona, chi lo ha vissuto come testimone di un amico o un familiare, chi ne ha semplicemente sentito parlare. Si stima che 1 persona su 4 ha avuto almeno un attacco di panico nella vita.
Che cos’è l’attacco di panico?
L’attacco di panico è una “reazione fisiologica, psicologica, cognitiva e comportamentale, che segue una condizione di ansia e stress sperimentata”.
È una manifestazione dell’ansia breve, intensa e transitoria. Comporta l’insorgenza improvvisa di paura o disagio e di sintomi come accelerazione della respirazione, sensazione di mancanza d’aria, tremori, sudorazione eccessiva, paura di perdere il controllo, che la persona non riesce a comprendere. A livello fisiologico si verifica un aumento di ossigeno e una riduzione di anidride carbonica nel sangue: questo può portare a sintomi fisici, come giramenti di testa e formicolio alle estremità degli arti.
Tutti i sintomi sopra descritti arrivando in maniera inattesa, come un “fulmine a ciel sereno”. Questo aumenta ancora di più l’ansia e i pensieri catastrofici associati.
La percezione è spesso quella che stia avvenendo qualcosa di grave a livello biologico (come un infarto o un ictus) o psicologico (come la paura di impazzire). Questo può portare, così, a recarsi al Pronto Soccorso.
Le spiacevoli sensazioni provate diventano talmente “paurose” da portare la persona a sfuggire a situazioni simili, per non sperimentarle nuovamente. Ecco allora che questa interpretazione catastrofica dell’ansia contribuisce a creare un meccanismo chiamato evitamento, che a sua volta rinforza il disturbo stesso. Più evito qualcosa, infatti, più aumenta la mia percezione di pericolo “scampato” e, quindi, dell’esistenza di un potenziale pericolo “reale”.
L’evitamento può portare, così, ad un ritiro progressivo e limitazioni di vita. Questo può avere un impatto negativo sul lavoro e sugli affetti della persona e può provocare senso di frustrazione, ridotto tono dell’umore e calo dell’autostima.
Come si impara a gestirlo?
Ecco tre step fondamentali:
- Accettazione: ovvero riconoscere di avere un problema, dargli il nome corretto. Ricorda però: accettare di avere un problema non vuol dire subirlo o sopportarlo senza fare nulla. Al contrario, l’accettazione è il primo passo (e soprattutto il più importante) che permette di passare all’azione e, quindi, stare meglio.
- Valutazione: ovvero imparare ad analizzare ed interpretare i segnali fisici dell’attacco di panico. Questo passaggio è molto importante. Lo scopo è evitare che quei segnali diventino pensieri negativi che auto-alimentano il panico stesso. È importante lavorare per rendere la lettura di queste attivazioni più razionali possibile.
- Passaggio all’azione: una volta compresi i segnali, è fondamentale imparare strategie per ridurre le sensazioni fisiche sperimentate, così da ridurre l’impatto dell’ansia. Lo psicologo può insegnarti tecniche utili a questo proposito, come la respirazione lenta e il rilassamento muscolare.
La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale
Ricorda: per gestire questo problema non devi fare tutto da solo. Chiedi aiuto!
Secondo le linee guida del National Institute of Clinical Excellence (NICE), il trattamento più efficace per questa tipologia di disturbo è la Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale (TCC). Gli studi dicono che la psicoterapia cognitivo-comportamentale per l’attacco di panico ha un’efficacia che va dal 75% al 94% dei casi.
La TCC aiuta il paziente ad acquisire nuovamente un’adeguata gestione dei sintomi ansiosi e ridurre gli evitamenti, lavorando anche sui pensieri e sulle emozioni connesse. Attraverso la terapia il paziente modifica la percezione della situazione e la lettura della realtà che sta sperimentando, aumentando, così, la capacità di fronteggiare la situazione stessa.